Il baccalà è uno dei tanti alimenti poveri delle cucine popolari; basti pensare alle numerose versioni che sono state proposte e interpretate nei secoli da molte regioni italiane: alla vicentina, alla lucana, alla cosentina, alla siciliana… Il Bocca ha pensato bene di realizzare quella della sua città, Livorno, in una ricetta semplice e gustosa: il baccalà alla livornese.
ll bordatino è una delle prime minestre storiche livornesi: nata a bordo dei velieri importatori di grano saraceno, si presenta come una densa farinata. Il Bocca la realizza fedelmente con solo l’aggiunta – del tutto facoltativa – di un po’ di guanciale, per insaporire ulteriormente questo piatto già buonissimo.
Inizialmente il bordatino veniva cucinato in brodo di pesce. In seguito, con l’arrivo del mais, si cominciò ad utilizzare la farina gialla per la preparazione di questo piatto.
Il cacciucco è il piatto di mare per eccellenza della cucina livornese.
Non è altro che una zuppa composta da diverse qualità di pesci.
La ricetta originaria del cacciucco tradizionale sembra prevedesse sedici specie ittiche.
Le seppie in zimino, ovvero cucinate con la bietola precedentemente lessata, sono un altro gran bel piatto importato dalla Liguria ed entrato a far parte della cucina livornese. È una ricetta molto antica ma sempre attuale che mai si perderà nel tempo essendo infatti semplice, gustosa e poco dispendiosa.
I carciofi ritti, cioè dritti, che stanno su, sono un buonissimo contorno o anche secondo di terra tipicamente toscano, dove i carciofi sono da sempre consumati con grande voracità.
Il riso nero è un piatto di origine croata che, entrato soltanto in un secondo momento nella cucina veneta, dove tutt’oggi è assai consumato, si è poi espanso in tutto il mediterraneo per mano dei mercanti veneziani grazie ai quali è possibile gustare una ricetta così particolare in tutte le zone d’Italia e non solo.
Il cavolo strasci’ato, così chiamato perché durante la cottura viene strusciato, spiaccicato nella padella in modo che diventi quasi una crema molto grossolana, è una specialità livornese nata nel dopoguerra quando le risorse di cibo erano molto limitate ed ogni piccolo pezzo di terra coltivabile veniva preso d’assalto per piantarvi i pochi ortaggi disponibili. Tra questi il cavolfiore, protagonista del piatto.
Nato dall’ingegno dei livornesi nel rielaborare gli avanzi del giorno prima in modo che niente andasse sprecato, l’Inno di Garibaldi è una ricetta tipicamente labronica, se non altro nel nome decisamente glorioso per piatto povero e di fortuna quale è. Il nome ha riferimenti storico-musicali per via degli effetti che questo piatto piuttosto pesante produceva.
La minestra di pesce è una costante della cucina livornese: si cucinava nei tempi antichi e lo si fa tuttora utilizzando, ovviamente, tutti quei piccoli pesci da minestra, come il sarago, lo scorfano, la gallinella, la triglia, l’occhiata, lo zerro, il ghiozzo, insomma tutto il pesce povero.
La Francesina rappresenta un altro modo di consumare il lesso avanzato. Il nome di questo piatto deriva dal fatto che furono proprio i marinai francesi a farlo conoscere a Livorno.
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